L’amore e la morte al tempo dei Gaznevada
Eravamo vivi, eravamo giovani, non volevamo cambiare lo status quo, volevamo cancellarlo.
Eravamo amici ed
eravamo colmi di stupore e interesse per la vita, la vita che non fosse quella
dei nostri padri. Eravamo affamati ed eravamo pazzi.
Doveva essere a
cavallo tra il settantasette e il settantanove, a Londra era da poco esploso il
punk. L’aria vibrava. Il selciato era infiammato. E noi eravamo pronti a
bruciare.
Eravamo Max il
biondo, Robby Robs, io, il Bandito, Test
detto Chiodo e un pugno di altri amici amati tra i tantissimi
fratelli di furia. Tra noi c’erano dei grandi e c’erano dei bastardi. Fummo
spavaldi e fummo disperati fino alle estreme conseguenze; alcuni di noi
morirono subito, spazzati via nel giro di un paio di anni. Pagammo tutti un
prezzo altissimo.
Tra i più ricordi intimi di quegli anni, a
parte Il Biondo che era quasi più di un fratello, oggi il mio pensiero corre a quella nostra sgangherata banda in continuo fiorire e morire; rammento con dolcezza e il sorriso sulle labbra che si univa alcuni soprannomi: Luca
detto Occhio Losco, Buzz il cacciafiche e Mike, il
privilegiato dandy figlio di papà, Fabio il Canna detto
anche Canale di Suez (altro VIP), Gae ovvero La Biscia,
Bob l'Assassino, Simone detto La Scimmia, Zambo,
Tiberio il Tibs, Lozza del Bar Mauro, Loris
detto Naso, molte magnifiche ragazze che non nomino perché mi fanno
battere ancora troppo forte il cuore, e tanti venuti più tardi, come Fabio
il Giacca, tanti altri di cui molti ma non tutti, ad esempio qualche ex ribelle poi pateticamente pentito - morti cerebrali cui manca solo una fossa - che oggi si vergogna e rinnega e di
certo si scandalizzerebbe se ne nominassi pur solo il soprannome. Borghesi
perbene, stizziti, impauriti e raggelati, che oggi mi scriverebbero subito in
privato “non è il caso, eh, Enzino, dài che gli anni son passati e
adesso...”.
Persone che per lungo tempo faticavano a salutare quando li incontravo per strada, in quella cinica e paffuta città delle torri, dei tortellini e delle tette, come cita la famosa e immortale cartolina "La città delle tre T".
E poi molti,
moltissimi altri ancora, invece caduti subito e con più onore prima che gli
anni e la vita li cambiasse, prima che la maturità ne ghermisse l’anima; amici
e amiche, amanti, rivali, stupende e brevi e brillanti stelle cadenti. Fiamme
fredde come la piccola bionda e bellissima Rita, fiamme gagliardissime
come il Freo, brune e desolate fiaccole come la Megghi, e tante
altre piccole e veloci brillanti meteore impossibili da ricordare.
E poi tutti, o
quasi, i "ràgaz" di Medicina, come il Vanni, e di
quelli di San Giorgio come Il Nudo e i suoi sfrenati dionisiaci fratelli della bassa, oppure i simpatici e furbi affaristi topi
cittadini come “Barats” detto anche Barattolo, persone da maledire
come “Pomp” il Pompiere (che era un pezzo di merda), Mirko
detto Seghini che era un bel califfo, e poi La Manza
- donna amata una sola notte che ne valeva mille, di donne e di
notti - e almeno altri quaranta e più amici, compagni, fratelli di sventura,
per sempre perduti e che ora - per clemenza - non tutti rammento.
Importa nulla di
cosa possano pensare ora impigriti borghesi di mezz'età; oggi poche parole nude
perché deve arrivare soltanto il cuore, quell'essenza di gioventù e d'amore per
la vita che sconfinava nella morte, quell'azzardo iperbolico che vivemmo in
quei pochi anni indimenticabili, voglio sentire ancora il sapore di quella
libertà fatale, eroica.
Quella vertigine
assoluta.
Ora e qui. Per me,
per loro, per noi tutti.
Grazie ti ca il mio cuore ❤️
RispondiEliminaTu, Ilaria, tocchi e carezzi il mio, sempre, anche quando non ti penso.
EliminaTocca il mio cuore... volevo scrivere....ma davvero tanto ❤️
RispondiEliminaTu, Ilaria, tocchi e carezzi il mio, sempre, anche quando non ti penso.
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