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Dervicious

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Siamo negli uffici della FTX di Sam Bankman-Fried l'8 novembre 2324 e siamo qui per intervistare il Dervicious, il polpo danzante più controverso e chiacchierato dell'intero impero sottomarino post-musulmano. Dervicious ha un aspetto simpatico ed accattivante, ci accoglie con grande gentilezza ed ospitalità; è rilassato e si vede, anzi, sembra quasi "emozionato" dalla presenza della troupe 3D. visione. I nostri sedili sono posti uno di fronte all'altro, il suo - ovviamente - è all'interno di una vasca di materiale trasparente, immerso in un fluido rosa difficile da descrivere. Le nostre fonti ci hanno rivelato che si tratta di una composizione chimica (suggeritagli dallo stesso Syd Barrett, sotto forma di corpo energetico sottile) pensata per mantenere il suo sistema organico costantemente idratato e il suo stato psichico alterato. Dopo una breve e scherzosa scaramuccia sul colore psichedelico dei miei vestiti, Dervicious comincia subito a raccontarci come il

Il Regno Corrotto del Quadrante Oscuro

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      Nel mondo degli orologi, c'era un luogo segreto, nascosto nell'infinità di cerchi e numeri che scandivano il tempo. Era il Quadrante, un microcosmo affascinante e intricato, dove le lancette, i numeri e le stanghette coesistevano in un eterno ciclo senza fine.      Al centro di questo microcosmo sorgeva un Orologio Antico, custode del tempo, immerso in un'aura di mistero e malizia. Ogni lancetta era un personaggio vivente, immerso in un'incessante danza intorno al cerchio, mentre i numeri e le stanghette osservavano il mondo mutante che si svolgeva attorno a loro.      La Lancetta delle Ore, solenne e maestosa, era l'osservatrice più anziana e rispettata del Quadrante. Lei, con i suoi movimenti lenti, dominava il passare dei tempi maggiori. Accanto a lei, la Lancetta dei Minuti correva con impazienza, spiccando brevi scatti nel suo eterno giro, desiderosa di cogliere ogni minima variazione sulle stanghette.      I Numeri avevano personalità uniche: l'

Il Cuore Segreto del Circolo Virtuoso

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      Nel mondo degli orologi, c'era un luogo segreto, nascosto nell'infinità di cerchi e numeri che scandivano il tempo. Era il Quadrante, un microcosmo affascinante e intricato, dove le lancette, i numeri e le stanghette coesistevano in un eterno ciclo senza fine.       Al centro di questo microcosmo sorgeva un Orologio Antico, custode del tempo, immerso in un'aura di mistero e malizia. Ogni lancetta era un personaggio vivente, immerso in un'incessante danza intorno al cerchio, mentre i numeri e le stanghette osservavano il mondo mutante che si svolgeva attorno a loro.       La Lancetta delle Ore, solenne e maestosa, era l'osservatrice più anziana e rispettata del Quadrante. Lei, con i suoi movimenti lenti, dominava il passare dei tempi maggiori. Accanto a lei, la Lancetta dei Minuti correva con impazienza, spiccando brevi scatti nel suo eterno giro, desiderosa di cogliere ogni minima variazione sulle stanghette.       I Numeri avevano personalità uniche: l'Un

IO SONO BURROUGHS

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 IO SONO BURROUGHS Burroughs appare il meno americano del gruppo, all’opposto dell’americanissimo Kerouac. Si rivela tanto gelido e sperimentale quanto ribollente era Corso, ma anche scevro dalle pulsioni pre-hippie che animavano Ginsberg. Il lavoro meticoloso di Miles porta in ke piena luce la collocazione di Burroughs nel solco dell’avanguardia europea. Fornito, unico tra i beat, di una solida formazione classica acquisita a Harvard, considerava suoi maestri Beckett e Céline, e tra le sue frequentazioni erano assidui pittori come Francis Bacon e Brion Gysin o scrittori sperimentali come Paul e Jane Bowles. Se la caotica stesura del Pasto nudo e il suo assemblaggio quasi casuale rispondono in parte all’estetica beat dell’improvvisazione, le opere seguenti, almeno fino alla grande trilogia finale della Notte rossa scritta negli anni ottnta, guardano invece consapevolmente alle avanguardie della prima metà del secolo. Il metodo del cut-up scoperto casualmente da Gysin e messo a punto da

Aubade di Philip Larkin

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Alle quattro sto sveglio nel buio muto, fisso. Gli orli delle tende via via schiariranno. Frattanto vedo quello che in realtà c’è sempre: la morte infaticabile, d’un giorno intero più vicina, che rende ogni pensiero impossibile tranne come dove e quando dovrò morire io stesso. Arido interrogarsi: eppure la paura di morire, d’essere già morto, lampeggia nuovamente, avvince e terrorizza. La mente sbianca all’abbaglio. Ma non di rimorso – il bene non fatto, l’amore non dato, il tempo strappato e non usato – né disgraziatamente perché una sola vita può spendersi tutta a riscattare i suoi inizi sbagliati, e non riuscirci mai; ma per il vuoto totale ed eterno, la sicura estinzione alla quale andiamo incontro, dove saremo persi per sempre. Non essere qui, né in nessun altro luogo, e presto. Nulla di più terribile, nulla di più vero. Ecco un modo speciale di prendersi quella paura che nessun trucco scaccia. Provò la religione, quel logoro e vasto broccato musicale creato a farci credere che no

sms a Riri, Pub Number Ten, 5 dicembre 2012

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"Forza", disegno di Andrea Pazienza, Capodanno '85 Insomma, esco 10 minuti fa da quello spurgo d'agenzia, stanco disintegrato ma felice di aver fatto il mio stupido dovere. Sono soddisfazioni... Vengo qui al Pub Numero 10, ordino birra grande e doppio hamburger senza epatite; ovvio che guardo il culo della cameriera più carina. Sono un uomo, ho finito di lavorare e mi sento un tipo normale. A questo punto decido di andare fino in fondo, la cerco con gli occhi mentre m dirigo verso il cesso. Entro. Mi guardo allo specchio la febbre sul labbro e decido che domani sarò trombabile. Poi respiro. Cazzo. Qualcuno ha cacato. Qualcuno ha cacato anche se questo doppio spurgo di cesso è senza chiave. Cioè il cesso non si può chiudere, e ci saranno due metri tra la tazza e la porta. Come fa un essere umano a cacare in quelle condizioni? Certo di aver attratto la tua attenzione con questa avvincente puntata de  "La vita vista dagli occhi di Benzo", ti bacio

E POI, POI C'È SEMPRE LA MAMMA.

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Questo mi è parso proprio un bel principio, un inizio al contrario... tiepido appena in quella notte che avrebbero dovuto essere fiamma, calor bianco in questi assolati pomeriggi. Un nuovo inizio è. Be' bisogna dire che all'inizio c'è sempre l'inizio, quando si passa al poi e all'eppoi eppoi, eppoi, lì sì che diventa una vera sfida, è là che solo gli arditi s'avventurano in sillabe e consonanti che hanno il pregio di essere delle totali menzogne future. Verità l'istante prima, menzogna quello successivo. Rammento un altro inizio, quello sì che fu folgorante. Ma. Ma alcune persone non sono persone, sono solo giochi di prestigio. Illusioni. E nei doppiofondo della gabbia dorata e scintillante, stai tranquillo che alla fine dello spettacolo troverai una colomba schiacciata. Egoismo meccanico, utilitarismo a molla. Opportunismo. E solo un filo di trucco sulle sue belle labbra. Però c'è sempre la mamma, che ha l'Alzheimer. Benzedrino, Bologna 20

GIORNATONA NUMERO 1 DI UNA NUOVA VITA.

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Anche oggi ho appreso una splendida notizia, un'induzione più che una vera intuizione, che mi ha portato a essere lieve e felice, a credere nella favolosa trasparenza dell'animo umano, nella bontà del cuore e nella purezza dell'amore. Sono davvero felice e mi sento più leggero, quasi mi pesasse solo l'anima e non questo pasticcio di muscoli, ossa e cartilagini... senza pensare a quei fastidiosi organi interni (ma anche inermi). Al cervello, ad esempio. O al cuore. Bene. Una nuova giornata che mi ha dato la sua brava soddisfazione. E io sorrido, sorrido tanto che mi si bloccano le mascelle.  O saranno gli psicofarmaci?  Questo è il classico caso nel quale dire "fate buon viso a cattivo gioco!". ©  Benzedrino, Bologna 2012

Ricordi della cucina di mamma

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Spaghetti rotti in brodo Quadrucci in brodo fatti in casa con piselli e cubetti di prosciutto  Riso in densa acqua di riso al limone Riso al latte (piaceva al babbo, a me faceva orrore) Palline in brodo, le mangiavano anche crude; io le rubavo dalla dispensa, erano confezionate in un sacchetto di plastica lungo Zuppa imperiale Coppette di tonno e besciamella al forno, facevano la crosticina Panzarotti che solo tu sapevi fare così Strudel di carne e formaggio, dio mio, che follia! Polpettone con uova sode e olive, unico al  mondo Vol-au-vent Quiche lorraine che nemmeno un marsigliese come il babbo si era mai sognato E tante cose buonissime come te, che mi manchi sempre più. A presto mamma, preparami qualcosa che arrivo anch'io. Sono così stanco e ho tanta fame.

Quando i ricordi dovevano ancora accadere

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Quando nostro padre ci portava alla Storm, assieme alla mamma, per comprarci i primi abiti confezionati. Lo ricordi? Completino uguali per entrambi noi fratelli più piccoli. E quella bottega di calzature, Alla Fabbrica, nella piazzetta vicina alle piazzetta delle Poste    all’angolo con via Castiglione, dove ci comperava improbabili sandali con gli occhietti e lì ci regalavano quei piccoli razzi di plastica con la punta di ferro sulla quale poi infilavi i SuperBum, e li tiravi e loro cadevano sempre di punta con bello scoppio? E il babbo ce li lasciava usare anche in casa a volte. Oppure le spedizioni punitive alla bottega di quei due anziani barbieri dove imploravamo per ogni centimetro di capelli a basetta? Ricordi?

Ragazzi Selvaggi, Sogni febbrili di violenta innocenza.

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Abbozzando il progetto per una utopica Accademia, William Burroughs, che disprezzava l’insegnamento così com’era impartito nelle università americane, accennò all’idea di introdurre nelle aule una scrittura geroglifica semplificata: «Lo scopo è il decondizionamento delle reazioni verbali automatiche tramite l’insegnamento a pensare per immagini. Lo studente impara a guardare prima di parlare. Quando si sarà appreso a usare le parole invece di essere usati da esse, diventerà facile dominare ogni altra materia». Per l’autore del  Pasto nudo  il linguaggio non era un codice naturale, né un amnio avvolgente e neppure era l’aria condivisa in cui ci muoviamo tutti costruendo il senso, ma un avversario subdolo da disarticolare e abbattere. Un virus che trova un punto di equilibrio con l’organismo che ha invaso e il cui unico scopo è l’autoreplicazione di se stesso, trascinando l’uomo in un gelido ingranaggio di risposte automatiche. Tra il 1967 e il ’69, a Tangeri e a Londra, Burroughs scriss

SIFONE INNAMORATO

       Lo chiamarono così perché fu la prima parola che disse. "Scifone" per l'esattezza.   Aveva già tre anni e tutti pensavano fosse ritardato.       Ma ci aveva i suoi tempi, Sifone. Mica potevi mettergli fretta a quel topo là. Un bel tipo, lui, soprattutto quando crebbe un pochino, il Sifone.       A nove anni era piccolino e segaligno, ma svelto come un demonio. Altroché fallato, era tutto d'un pezzo quel birichino.       Arrivava all'improvviso e aveva sempre qualche graffio e le mani sporche di nero. Sifone.       Sifone spuntava dal nulla. E poi era già li che parlava a segno, sparando raffiche di vocali e di consonanti, qualunque fosse l'argomento del dibattito.       E a scuola faceva uguale. La maestra non lo trovava mai quando in classe lo cercava con lo sguardo. Allora lo chiamava strillando secca - Rispondi Sifone! E lui - Mi dica, signora maestra!      Rispondeva lui puntuale e tranquillo dal suo posto.       Sifone era un

Coitus ininterruptus

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La morte è un organismo parassita e opportunista.  Nelle foto vengo mosso anche se sto fermo. Non puoi pretendere la profondità da un pozzanghera Un silenzio solido mi avvolgeva. AAA . Cerco donna senz'anima per gemellaggio con mio spirito vacante. Offro Crociera per due assenti in classe    inesistente. “Sentirsi una porta sul nulla.”. Un sole pallido intonacava i muri sporchi. Un gatto male in arnese ne grattava la superficie senza molta convinzione. Pomeriggio tardi al Barrio Chino; si affretta verso la stazione sulle gambe incerte di malinconia. Si sente come il gatto. Può solo graffiare un raggio di luce prima che la solitudine graffi lui. Nello sguardo artico e ventoso, il ghiaccio vortica attorno a quegli occhi di ciclone.   Riavvolse lo sguardo panoramico e zoomò sul suo collo bianco e perfetto.  Era morta. Negli occhi non aveva niente. Ci sono persone con così poca personalità che sono gli abiti a indossare loro. Non puoi pretendere la profondità da un pozzanghera Un silen