Sceneggrafia

Daniele chiede a Martina di fare silenzio. Improvvisamente è infastidito dalla sua voce.

Scende dal letto e si avvia in bagno senza dar retta alle sue parole che lo seguono nel corridoio.

— Daniele, cosa ti ho fatto? Perché mi tratti così? Dimmi, perché mi tratti così? Anch’io a volte non ti sopporto. Anch’io ti odio all’improvviso… —

Silenzio. Poi Daniele rientra in camera, le si avvicina e le carezza il volto.

— Non ti odio Martina, mi dài semplicemente fastidio. Perché sei compiacente. Compiaciuta… soffocante. Sei avvolgente e sei eccessiva, e, sinceramente, non ho voglia di fare l’amore con te; e non da oggi, da stasera, o da ora. Da sempre. —

Detto questo le toglie la mano dal viso e si sdraia accanto lei, girato di spalle, lontano.

— Perché dici questo Daniele? Perché vuoi ferirmi… che cos’ho fatto per non farmi amare da te?—

Si sporge verso di lui, poggiata su un braccio coi capelli che le coprono il volto. 

Daniele tace, immobile. Sta pensando di fare un film, e si dice che da quella scena ne trarrà un lungo piano sequenza: «Potrà sostenere tutto il film, basterà dilatare il tempo… riavvolgerlo.» pensa Daniele… monterà al contrario e invertirà le parti; sarà lei a pronunciare ciò che dice lui.

Intanto, silenziosamente, Martina si è spostata e ora incombe su Daniele con una posa tragica e il viso pallido.

— Daniele, ti prego, guardami. Daniele, facciamo l’amore ancora una volta… non puoi… non devi lasciarmi così. — 

Girandosi sul fianco Daniele la osserva; è incuriosito da come Martina dice quelle parole. Sa che dovrebbe risponderle, la scena lo esige, ma sente il proprio pensiero sospeso… capisce di fare parte del film mentre al contempo ne sta ideando la sceneggiatura. 

Cerca di afferrare l’idea di quello che gli appare come una specie di paradosso temporale. Ma gli sfugge, come uno dei tanti bozzetti che la sua mente tratteggia continuamente, senza lasciare una traccia, ma un vuoto che lo costringe ad agire, ad uscire dall’ideazione del gesto per entrarne nell’azione, essere movimento, ignaro di sé e del quadro attorno.

Repentinamente afferra la nuca Martina e coi pollici le copre gli occhi, le bacia quel naso che aveva ritenuto grazioso e francese, le sfiora le labbra un po’ secche, che bruciano.


Ora Daniele e Martina sono una sull’altro e lui si lascia dominare dalla passione di lei. «Siamo silhouette», pensa Daniele, «siamo ombre proiettate» riflette …«prima del cinema» grazie a quella piccola abatjour. 

Martina è prossima a godere, si muove sempre più velocemente e lo avvolge. Un sorriso in primo piano sulle labbra di Daniele che, tra un singhiozzo e l’altro del corpo di Martina, le domanda con voce stentorea — Scusa… sai… indicarmi… l’uscita più vicina?

Martina rallenta e si ferma, il busto che lentamente s’inarca all’indietro, come se un proiettile l’avesse colpita al rallentatore.

Apre la bocca ma senz’aria mima solo la domanda. Le parole di Daniele, non ancora dissolte, le azzannano il ventre e Martina crolla avanti, senza più fili.

— Sì… voglio dire… da te si può anche uscire… o solamente entrare? — 

Incalza lui, sorridendo freddamente mentre i suoi occhi mettono a fuoco il soffitto oltre lei.

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