Libro delle ombre - William Burroughs (VICOLO DEL TORNADO)

Il dottor Hill prese un rotolo di carta e si schiarì la gola.
«Non deve essere così evasivo con me, dottore. Si tratta di cancro, vero?»
Oltrepassando le fessure di una persiana, i raggi del sole pomeridiano ricadevano sull’uomo che parlava‚ come attraverso sbarre di prigione... un uomo magro‚ attempato, con indosso un abito grigio e logoro‚ un pesante bastone tra le esili ginocchia‚ uno di quegli anziani che si vedono seduti sulle panchine dei parchi o intenti a giocare a bocce. Riparati da occhiali con montatura d’acciaio, gli occhi‚ tuttavia‚ brillavano di una gaiezza inquietante‚ di una gelida e distaccata felicità.
«Dopotutto, dottore, ci conosciamo da lungo tempo.»
Da lungo tempo. Il dottor Hill era forse l’unico a Boulder che sapeva che l’uomo seduto di fronte a lui era stato un tempo il miglior tiratore dell’Ovest. Non il più veloce, ma il più preciso.
«Sì, è un cancro. Naturalmente potrebbe essere operabile... debbo ispezionarlo per esserne sicuro, ma...»
«Lo dubita.»
«Se si trattasse del mio stomaco, direi di no.»
«Voi chirurghi avete un amore per i coltelli... siete peggio dei messicani.»
Il dottore sapeva che Lee Ice era un uomo colto. Ma talvolta si divertiva a parlare come un contadino
analfabeta.
«Allora, quanto tempo ancora, secondo lei? Per quanto tempo ancora me ne posso andare in giro?»
Una violenta fitta fece contorcere il corpo dell’uomo, facendolo ripiegare sul bastone.
Il dottore si strinse nelle spalle. «Un mese, forse due... le segnerò una ricetta. È in grado di usare una siringa ipodermica?»
L’uomo accennò con il capo, rammentandosi del fienile e delle assi ripiegate attraverso cui la vista incontrava il cielo blu, e di Tom con un proiettile calibro 32 nel ventre sparato da un giocatore d’azzardo. Quel dottore era un vecchio cinese, uno che se la prendeva comoda, un menefreghista. Fece a Tom un’iniezione di morfina e poi se la fece lui stesso. Si mise a sedere e scrutò il ventre sparuto del ferito.
«Per favore, lo tenga fermo.»
Si avvicinò rapidamente con uno strumento dentato e lo inserì nella ferita. Tom lanciò un urlo, Lee dovette richiamare tutte le sue forze per trattenerlo. Il dottore estrasse le pinze con il proiettile di piombo ricoperto di sangue. La morfina stava facendo effetto. Il corpo di Tom si rilassò, i muscoli del volto si afflosciarono. Il dottore spiegò come cambiare le fasce, e lasciò una confezione di fiale di morfina con una siringa e alcuni aghi di ricambio. Mostrò poi a Lee come usare la siringa.
«Quante volte?»
«All’occorrenza. Cento dollari, e mi dileguo.»
Lee lo pagò. Sapeva che il cinese non li avrebbe traditi. Aveva mostrato al dottore una lettera di
presentazione del cinese di St. Louis; lettere del genere non sono date con leggerezza. Tom ebbe bisogno della morfina per una settimana e Lee se la iniettò insieme a lui. Era seccante starsene seduti lì tutto il giorno, ma non poteva correre il rischio di abbandonare il nascondiglio. Sì, lui sapeva come usare una siringa. Un mese prima, quando cominciarono i dolori, era andato a Denver a comprare della morfina o eroina. Nessuna delle vecchie conoscenze era più nei paraggi. Uno spacciatore negro dalla faccia dichiaratamente infida promise a Lee che gli avrebbe rimediato della roba e che sarebbe ritornato di lì a poco.
«Non posso portarti dal Tipo.» L’uomo aprì il pugno in un gesto di disarmo, dopo che la sua mano gli si era scagliata contro, il coltello illuminato dalla luce dei lampioni. Ci fu un rumore simile ad una tosse metallica. Il negro raggelò, coltello nella mano, un piccolo foro blu nel mezzo della fronte. Lee Ice ripose nella fondina la sua calibro 22 con silenziatore e si allontanò.
Poi si ricordò del dottor Hill di Boulder.
«Può ritirarla presso la farmacia sulla collina. Solitamente è sufficiente un quarto di grano, pari ad una pillola.
Vedrà poi lei di quanto ne ha bisogno.»
Una mezz’ora dopo, Lee si tirò giù la manica e guardò in giardino dalla sua stanza nel retro della casa. Si era appena iniettato un mezzo grano nel braccio. Il dolore allo stomaco stava scomparendo in fremiti di piacevole calore. Aprì un cassetto e tirò fuori un libriccino nero. Il mio grimoire, il mio Libro delle Ombre. Alcune telefonate da fare, alcuni debiti da saldare... Nessuno gli aveva mai fatto un favore o recato un’offesa senza essere pienamente ripagato.
Questo fu l’epitaffio di Sulla. Sarebbe stato altrettanto calzante per Lee Ice.

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