Domenica senz’Alba


«- Credo che - 
Non dovremmo permettere
a niente e a nessuno
di avere tanto potere
su di noi. 
Io lo sa­pevo
ma non feci nulla. 
Le cose andarono male perché sapere 
non conta nulla se non sei capace
di praticare ciò che sai.»

Coi capelli Klimt si legò il povero brac­cio martoriato. Sempre in cerca, ancora in cerca, avida e sudata. Il sol­lievo animò il suo viso e io piansi disperatamente. Era la mia fiamma che si spegneva.

Dio sa quanto l’amassi. Io l’amavo ma Dio non ascoltava le mie preghiere. Dio era sordo e io ero cieco. Io odiavo Dio.

Lei era cieca e sorda, immersa nel biso­gno. Lei mi ricordava la grande bocca spalancata di un piccolo uccello. Lei so­migliava a un uc­cello ma non sapeva vo­lare. Le sue ali erano bianca eroina, io la nera terra. La ripugnate forza di gravità.

Per quanto mi sforzassi di es­sere leggero come lei non po­tevo più volare. Le sue ali non erano le mie ali, non più. Le avevo bruciate tanto tempo prima.

Avevo volato lon­tano, in alto, così di­stante che non sa­pevo più come tornare in­dietro e avevo creduto di morire. Avevo paura e disgusto, mi odiavo per il cattivo sentimento che cresceva dentro di me. Pregavo e chiedevo perdono, ma non ser­viva a nulla. Piangevo ogni giorno e mi chie­devo come uscirne ma nessuno mi ascoltava. Neppure Dio mi ascol­tava.

Per­ché Dio era sordo e cieco anche allora.

E mentre osservavo l’ago e lo stan­tuffo che la risucchiava, io morivo e anche Dio era morto perché non mi rispondeva e non ri­spondeva a nessuno. Neanche a lei. Lui si era chiuso in se stesso come un egoista.

Allora mi arrab­biai. Anche se non sono un uomo cattivo, mi arrabbiai molto per­ché il mio senti­mento non poteva più stare den­tro e doveva uscire fuori urlando. 

Le mie grida le facevano paura e io sapevo che lei mi avrebbe odiato perché avevo interrotto il suo piacere con le mie grida rabbiose. Ma non importavo più, anche se soffrivo al pensiero che lei mi amasse ancora meno. Perché sa­pevo bene che non le era con­sen­tito di amare nessuno tranne il proprio bi­sogno. 

Perché anche se non parlo bene ho molto sentimento e conosco l’algebra dell’eroina. Anch’io non avevo amato più nessuno, lo ricordavo bene.

Volevo curarla ma non c’era abbastanza sentimento in lei per combattere contro il grande biso­gno. Lei amava l’oblio. Io temevo di per­derla. Avevo paura e rabbia. 

Ma non c’era urlo ab­bastanza alto o sa­crificio o puni­zio­ne ca­pace di riempire la sua anima vuota. Nulla po­teva nulla. 

E Dio era lontano da noi. Dai suoi poveri.

Pregavo e facevo promesse, ricattavo Dio e gli sputavo il mio odio in faccia.

Niente di quanto ho fatto o detto in quei giorni malvagi ha cambiato il nostro de­stino. Il tempo passava in momenti sempre uguali e sempre di­versi, senza soluzione. Solo il dolore era simile.

Poi è spuntata la mia domenica senz’Al­ba. Ho sfilato l’ago, le ho sciolto i bei capelli stretti al brac­cio e ho pianto.

Poi l’ho guardata a lungo, immo­bile. Senza più parole.

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