Jack Kerouac reads "On the road" (jazz of the Beat generation)


Romanzo culto della beat generation,
contraltare prosaico dell’Howl ginsberghiano, On the Road non ha mai smesso il suo fascino perverso. Nel 2007, peraltro, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua pubblicazione, la Viking ha dato alle stampe la versione “uncensored” del libro: quella concepita da Kerouacsenza scrupoli formali, dunque più sperimentale, più autenticamente sensuale in certe descrizioni e, soprattutto, con i nomi veri dei protagonisti al posto di quelli usati in un primo tempo e passati alla storia della letteratura. Rimane la sensazionevdi un romanzo più importante che bello, se così si può dire. Importante per una sorta di liberalizzazione della prosa, svincolata dagli schemi espressivi convenzionali in virtù di un particolare slang metaforico e pure lessicale. Di un libro e un autore così rappresentativi per una generazione che in qualche modo ha cambiato il modo di scrivere e leggere, esiste una quantità persino eccessiva di reliquie o memorabilia. Pure troppe, ammettiamolo. Kerouac e le altre teste matte del gruppo che nel ’44 si riconobbe a Times Square, hanno spesso flirtato col jazz e il cinema. In questo rosario di reperti celebrativi, Jack Kerouac Reads On The Road (Ryko 1999) è fra le testimonianze più preziose. Kerouac modula la sua voce su quella dei suoi personaggi per rendere concreta quell’istanza di realismo spietato che caratterizza l’opera che lo ha consegnato alla Storia. Partiture blues si mescolano a improvvisazioni più tipicamente jazz nelle nove tracce musicate, fra gli altri, da Victor Juris, John Medeski, Jerry Newman e Ralph Carney. Se qui e là le registrazioni lamentano i limiti dell’epoca, se a tratti la finezza dello spartito contraddice la rozzezza del romanzo (forse la sua caratteristica più cocente), l’album ha un indiscutibile valore storico avallato anche dalle note di copertina che si rivelano appendice risolutiva per un “ascolto” più avveduto del libro. Con una autentica chicca finale: l’interpretazione di “On the Road” di Tom Waits con Primus. Quasi quattro minuti di ebbro tributo al romanzo e al suo orefice.

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