La Cina è micina, see...

... 'somma, devo assolutamente tagliare il bulbo che domani viene un cliente che ci tiene a vedermi così come mi immagina, un account bello e pronto al sorriso, un vincente del cazzo di una gagliarda agenzia; sapesse come si sbaglia sulle aspettative da zotico resterebbe a letto a fare il tirassegno con la sveglia.

Ci ho poco "ghello" in tasca, così decido 
di seguire il consiglione predicato
 a ogni telefonata della mia cara ex moglie. 
Con lei, ogni telefonata iniziava e finiva così: 
"Devi assolutamente assolutamenteripetuto minimo due volte colle esse sibilanti — provare i cinesi, i cinesi sono bravissimi
e costano pochissimo! (ripetita juvant)
e costano pochissimo!
e costano pochissimo!".

Che spurgo di corea, che consiglione coi controcazzi, suggerito - per giunta - dalla donna che mi ha allungato una pedata nel culo mel momento del "nella buona e nella cattiva sorte". Ma la pilla non c'è e il capello tracima oltre il buongusto di un punkabbestia, quindi si fa come dice la mia fidatissima ex.

'Somma, già che lì per spese essenziali pre-cliente, tipo tennent's super a 12 gradi, vado giracchiandomi anche la China-Socc'mel-Town e mentre sono lì in San Vitale che ti seguo un paio di piccole ma muscolari e bellissime chiappe che vanno verso... vanno verso e attraverso un negozio dall’aria pacchiana, a occhio una una chiavica di bottega indiana di quelle che gli compri i click per il sito nuovo tuo del tuo microcefalico cliente.
«che vedrà come glielo posiziono su Google» (sì, nel culo), «glielo indicizzo al massimo» (al massimo lo trova lei se le do una mappa per trovarsi le chiappe con due mani)»

Passa per un antro oscuro, con una vetrina sporca e piena di peluche rosa minchia dove al centro, scotchato alla cazzo, c’è un cartello su cui campeggia la scritta:

“TAGLIO CAPELLI 7€ SHAMPOO 
E PIEGA 12€” 

Mi dico che è il destino, il cazzo di karma, sì, sì è vero che tutto torna e che nulla capita per caso, perché adesso, guarda guarda, sederino santo è entrata difilato dentro alla bottega contigua: un fottutissimo barbiere cinese! E guarda caso ho bisogno di tagliarmi i capelli. ci aveva ragione la mia ex, ci aveva. Eh.

Salto dentro come Rambo perché m’imbalzo nel cazzo di zerbino e finisco addosso a qualcosa.

È una nana, un orrore repellente, ma anche una furba minus habens che, perfettamente addestrata a un solo scopo, ha subito capito di avere tra le mani un altro arrappato che ha abboccato, un pesce padulo che ha inghiottito esca, filo e canna.

Non riesco a reagire, cazzo, la visione di quel mandolino di carne imperiale (uguale al back-office di un’amica che poi non l’ho trombato ch’era ubriaca e io mi sentivo un signore come Lord Fottuto Jim), m’ha offuscato anche il primitivo istinto “scappa o attacca”. Nel frattempo la nana salta ritta su uno sgabello altissimo, mi acchiappa per una spalla e mi sbatte a sedere sulla poltroncina dove resto comunque più in alto della nana, — che è tutto dire dato che anche in piedi son mica un gigante — e sono sicuro che col cazzo chemmivede la cocuzza, le sommità della capoccia per dirla in francese. Lo so che non ci arriva perché la vedo come tira il collo e strabuzza gli occhietti. Fa un cigolio strano mentre si tira tutta verso l’alto, magari c’ha anche qualche altra sfiga tipo dei ferri nelle tibie ochessoio.

 

Sicuro che di solito fa la toilettatura ai basset down, ma oggi ha beccato me, un cane da punta coi controcazzi. E non voglio essere crudele e calcare sulla battutona che verrebbe spontanea, eh.
Insomma, lo sgorbio è lì sullo sgabello e mi dice "capelli?" No, no.. nonononono, nono. come capelli? Quali capelli? Testa di minchia, come se potesse tagliarmi qualcos'altro là in cima. See, le antenne per prendere radio china micina... Onimmodo procede ad ascoltarmi mentre le parlo lentamente come come a un idrocefalo di tre anni a cui hanno amputato le orecchie "Capelli tagliale POCO POCOOO, poco, ok? Capelli solo toccale, solo toccatina... capelli lunghi qui e qui, no tagliale intolno olecchie"- le faccio indicando ben bene con dei gesti al rallentatore il giro orecchie.
Parentesi  
Dato che questo è un problema di sempre: vai dal barbiere per essere più carino, non è solo che non vuoi fare concorrenza all'australopiteco, e invece quando esci ti vorresti suicidare.

Umiliato, incazzato con te stesso per non averlo accoltellato con le forbici, per averlo pagato e aver anche sorriso a dentro stretti. Ti dai il voltastomaco, sei un vigliacco dimmerda. Ti odi e hai ragione a odiarti.

E poi, mentre torni a casa sull'orlo del pianto, colla palpebra incrinata, arrivi a domandarti se ti ti eri davvero spiegato bene, se la colpa magari è tua, o se è successo perché mentre tu gli spiegavi il taglio che volevi, lui era lì che stava pensando al pieno di fluidi altrui che avrebbe fatto alla festa gay appena dopo la chiusura.

No, perché questa è una faccenda che va avanti da quando portavo la cartella a spalla tipo mucca pezzata e i calzoni all'inglese e mio padre costringeva mio fratello e me ad andare al suo barbiere, che già per via Montegrappa sentivamo le zaffate di lozione dopobarba. Poi appariva lui, «oh, Cavalier Andriani che piacere, e coi suoi ragazzi poi... Un bel taglio a tutti e tre?» — cavaliere una minchia, ma lui si sperava che mio padre gli si dava mancia più alta per quell'appellativo a voce alta gridato quasi in mezzo alla strada — un trombone che mi faceva prendere un colpo ogni volta che si soffiava il naso. Sembrava una cazzo di bomba a mano che esplode sott'acqua, ameno credo.

Lui. Il prototipo di tutto ciò che già a sei anni odiavo: alto, grasso, sui 90-100 chili, faccia da macellaio russo, pelato, sempre paonazzo, fiato alla menta.

Mi ricordo chiaro che avevo sempre paura che stincasse di trombosi proprio quand'era lì che, col rasoio sulla pelle della nuca, mi ripuliva dai peletti. Ero sicuro che sarei morto così e che al funerale i mie compagni di scuola avrebbero faticato a non scoppiare a ridere, dato che già al Sacro Cuore di Gesù ero noto per la mia mania delle basette da Beatles.

Ritorno al presente

“Pelché volio il talio spolco, no legolale” capito? Un talio tipo Sid Vicious o Johnny Lotten... Sex Pistols, conosci? Punk, musica punk...” sto tentando in tutti i modi di farle capire che voglio un taglio irregolare, sporco, che mi copra bene il giro orecchio, cazzo. “Sex Pistols, Sid Vicious, no talio capeli tipo Ten Ten, no blavo bambino” - e questa cosa gliela ripeto in diverse varianti un'infinità di volte, al rallentatore, mimando di nuovo ogni parola con un gesto come al gioco degli attori. Mi sembra di essere il Capitano Willard in Apocalypse Now, mi guardo intorno per vedere se trovo il fotoreporter scoppiato.

Lei annuisce dieci volte in un secondo, abbassa la testa, impugna quelle forbici coi denti fatte per sfoltire e parte a razzo. Un maledetto decespugliatore, altroché Edward mani di forbice della verga.

Meno di un minuto dopo l'irreparabile è fatto: ho le orecchie completamente scoperte, mi si vede la pelle del cranio in più punti, le tempie sono rasate come quelle di un monaco zen della minchia, in compenso il bulbo è “cimato”, altissimo sul cucuzzolo, una spazzola lunga ma rada, elettrica. È riuscita a rendere desertico anche l'emisfero superiore che è sempre stato la disperazione dei miei barbieri, che continuavano a scuotere la testa e a ripetere "troppo folti... troppo folti, qui bisogna dare per forza una sfoltita...".

Ognimmodo mi sta bene, benissimo, eh, perché che sei entrato dal barbiere cinese seguendo l’ondeggiare delle chiappe —non una scelta lucida (ma un po’ è colpa anche della mia ex, eh, con ‘sta storia dei cinesi che sono bravissimi), no, no, — così impari a guardare le cacche di cane che costellano artisticamente tutto il centro. Che è più istruttivo. Seee. Mica come gli occhi a mandorla di una lolita che viene da Wuhan-cazzo-Chon o da dov’altro arriva. Bella, eh. Bella come il peccato più bello. Un fottuto sogno a occhi aperti svanito appena entrato nell’antro di peluche rosa.

Cazzo, la nanazza mi ha sfregiato. Mi sento dimmerda come il buon vecchio Scarface quando gli dicono delle imposte. Quelle del fisco intendo, non quelle delle finestre.

Quando tutto finisce e ormai non provo più nulla, guardo la nana spasticata che intanto è scesa dallo sgabello e mi arriva poco sopra la cintura e scricchiola tutta e cigola —quindi non deve superare chessoio 80-90 centimetri — e le chiedo tristemente, nel sussurro flebile di un candidato al seppuku, dove minchia è la cassa. Che lì tra cianfrusaglie varie e dragoni e lampioncini di carta in mezzo ai maroni, mica la vedo la cassa dimmerda.

Me la indica, mi spiega a gesti, sembra un percorsa tipo giungla vietnamita ma senza paletti di bambù che ti si ficcano su per il culo e, in fondo, in quel retrobottega che ormai è sconfinato 
di nuovo in un bazar tipo paki dove probabilmente vendono anche eroina pura, AK-47, e proiettili all'uranio impoverito, eccoti che mi ti rivedo la magnifica visione.

Questa volta la guardo in viso - una porcellana Ming coi controcazzi- poi, mentre si gira un attimo a prendere qualcosa dietro il banco, le controllo il culo. Minchia. È lei. È culo a mandolino. Culo a mandolino fa la cazzo di cassiera in quel porcile. Eppoi capisco in lampo quando vedo l’occhiata da proprietario di carne che le dà un vecchio bavoso, panciuto e cascante, seduto lì vicino — probabilmente le dà dentro da un pezzo — pesce palla a culo a mandolino. Cazzo.

E a proposito di capi, d’improvviso si mi schianta nel cervelletto la visione del nuovo cliente che domani, puoi giocarti il culo, incontrerò alla presenza dell’Altissimo, Zamboni. Il mio boss d’agenzia, un ex insegnate di applicazioni tecniche bolognese dalle arterie di vetro, sclerato senza ritorno, che si ostina a storpiare parole inglesi di cui ignora il significato e che usa alla cazzo, così, quasi senza un perché ma puoi giurarci che lo fa quando vuole far colpo sul cliente. Mi viene da piangere.

Non no so se è per il bulbo, per Culo a Mandolino o per Zamboni.

Perché so già che inevitabilmente arriverà il momento che se ne esce con frasi tipo allora la lascio mio caro, la metto nelle mani del nostro migliore daccount, una tax force più che un uomo, vedrà che "metting riporte" che le manda dopo la vostra riunione...”. Merda, tocca rimandare anche il seppuku e sorbirmi le battutone di Zamboni.

Mi sembra che mi manchi qualcosa. Boh. Per un attimo non capisco, poi con gli occhi della mente vedo il sacchetto della pesa con dentro numero cinque tennent's super sotto il banco da parrucco con lo specchio. Ok. Va bene, mi arrendo.

“Lu' munno è cattivo”, come diceva mio nonno teramano dopo che le aveva prese ancora una volta da sua moglie. Aveva ragione lui, il mondo è fottutamente crudele.

benzodimenovel2022©enzoandriani2014

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