Scivolando
Riemergo ora da un sonno profondo e silenzioso come l'andare a fondo in un lago scuro. Nuotavo lungo stretti canali in muratura, tunnel metropolitani scuri, scorgevo centri e piazze, scivolavo e risalivo gradinate. Il tempo e le stagioni si avvicendavano senza senso comune, mutando secondo i luoghi.
Navigavo a pelo d'asfalto scorgendo piedi e gambe, spesso incrociando cani ombrosi e gatti sospettosi male in arnese.
Procedevo anche con uno strano skateboard leggero, pieghevole, adattabile a scivolare sui terreni e ad arrampicarsi su gradini così come a solcare le acque. Poi nuotavo, felicemente, senza pensiero e direzione. Si avvicendavano laghi e piccoli stagni, poi ampi canali di campagna e fiumi sassosi.
Giungevo al centro di una
piccola cittadina e nel passare sotto la gente ne coglievo l'accento, l'odore
di vino e la bestemmia.
Ero a Udine, ne avevo la certezza e con essa mi giungeva l'intuizione di uno scopo, quel nuotare aveva senso e direzione. Quella certezza però era torbida, fangosa, mancava di profondità. Immergendomi sotto una piazza con dei banchetti, vidi costumi, abiti e mode mutare come onde: il tempo era una risacca che mi risparmiava. Bambini coi pantaloni corti e bambine con piccole carrozzine per bambole rallentarono la loro frenesia di gioco e il corso del tempo si acquietò.
Nuotavo piano, ora, in cerca della risposta ma sentivo un trillo non di campane, un suono insistente ma non di chiesa. Riemergevo ma non completamente, e come un subacqueo decomprimevo per un tempo sospeso, indefinito.
Poi l'acqua sempre più calda e una sete ansiosa mi riportavano
lentamente a galla. Al risveglio.
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